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Il 14 Dicembre 2022 il Parlamento Europeo ed il Consiglio hanno emanato la Direttiva 2022/2464, la quale prende il nome di Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD): questa normativa rappresenta un significativo passo avanti nell’esecuzione della strategia di armonizzazione della comunicazione delle informazioni sulla sostenibilità da parte di enti operanti nell’Unione Europa, elemento fondamentale nell’implementazione dell’Imprenditoria Sociale (obiettivo n.8 dell’Atto per il Mercato Unico).

Viene radicalmente innovato l’obbligo di rendicontazione di sostenibilità, determinando criteri di rendicontazione più rigidi e richiedendo contenuti del report più specifici, ma soprattutto viene ampliato notevolmente il novero delle imprese sottomesse a tale obbligo.

 

Se infatti secondo la precedente direttiva in materia (Direttiva 2014/95) erano tenuti a compilare il Report di Sostenibilità solamente gli enti di interesse pubblico che fossero enti di grandi dimensioni o imprese madri di un gruppo di grandi dimensioni, con la nuova normativa l’obbligo si espanderà a tutti gli enti di grandi dimensioni e imprese madri di gruppi di grandi dimensioni (sia quotate che non), nonché alle PMI, ad eccezione delle microimprese, che siano anche enti di interesse pubblico. Per meglio comprendere l’impatto di questa previsione normativa basti pensare che in Italia le imprese sottomesse all’obbligo secondo la Direttiva del 2014 erano circa 200, ma con la piena entrata in vigore della CSRD diventeranno diverse migliaia.

 

Un’altra importante novità importata dalla direttiva del 2022 consiste nel rinnovato contenuto della Rendicontazione di Sostenibilità, che si amplia per includere informazioni relative all’amministrazione interna dell’ente, come la descrizione del ruolo degli organi di amministrazione, gestione e controllo per quanto riguarda le questioni di sostenibilità, ma anche informazioni sui rapporti che l’ente ha con il mondo esterno, a partire dai principali impatti negativi legati alle attività dell’impresa e alla sua catena di valore, compresi i suoi rapporti commerciali e la sua catena di fornitura. Quest’ultima previsione ha suscitato la preoccupazione di molti enti, i quali temono le difficoltà che ottenere tali informazioni potrebbe implicare.

L’Unione Europea perciò ha tenuto conto di queste difficoltà, prevedendo criteri di rendicontazione più miti, se non proprio esenzioni parziali dell’obbligo, nei casi in cui ottenere le informazioni relative alla catena di valore risultasse troppo gravoso o addirittura impossibile. Per sapere di più in che modo questa nuova normativa influenzerà gli enti italiani dovremo però aspettare l’emanazione di un decreto nazionale di adatttamento dell’ordinamento italiano.

La CSRD non è infatti ancora entrata in vigore (operazione che avverrà tra il 2024 e il 2026, in tempi diversi a seconda della natura e dimensione dell’ente) proprio per permettere alle imprese di predisporre le misure necessarie per ottenere le informazioni richieste; fino ad allora gli enti dovranno continuare a fare riferimento alla Direttiva europea del 2014, e in particolare in Italia al decreto legislativo attuativo 254/2016.

Bibliografia

CRSD

Direttiva 2014/94 

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